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Capitolo 3

Il pallone di Mister Kelly

L’imbarcazione che serviva da navicella conteneva una tale quantità di oggetti, da sorprendere qualunque persona, anche se fosse stato un aeronauta. Dispersi un pò alla rinfusa si vedevano casse, cassette, barilotti, coperte, tende, gomene, cilindri di metallo, coni bizzarri che sembravano imbuti, armi, una specie di pompa, ancore, barometri, termometri, remi, vele, cannocchiali, manichelle e infiniti altri oggetti di ogni genere.
L’ingegnere si levò dalla tasca un piccolo libro coperto di cifre e di parole e riscontrò, con cura estrema, i numeri impressi su tutti quegli oggetti. “Bravo, Simone!” disse rivolgendosi verso il negro, che continuava a battere i denti e a sgranare i suoi grandi occhi spaventati. “Vedo che non hai dimenticato nulla.”
“Malgrado la sua paura!” disse l’irlandese. “Per San Patrick mio patrono, mi pare che il vostro servitore sia stato preso da una grande tremarella!”
“Si abituerà, O’Donnell,” rispose l’Ingegnere. “È la prima volta che si trova su un pallone libero.”
“Suppongo però che abbiate già fatto qualche ascensione.”
“Sì, ma su un pallone frenato. Facciamo l’inventario di ciò che possediamo e cerchiamo di mettere un pò d’ordine nella nostra navicella.?
“Nella scialuppa, volete dire”.
“Infatti, è una vera imbarcazione, leggerissima. ma solida a tutta prova, e ci sarà di grande utilità nel caso che i nostri palloni dovessero cadere in mezzo all’oceano.”
“Ma quale metallo avete adoperato per costruirla? Si direbbe che sia una barra d’argento.”
“Ho impiegato uno dei metalli più leggeri, ma nello stesso tempo dei più solidi: l’alluminio. È un metallo che oggi è poco usato, ma che è destinato ad avere un grande avvenire. Ecco la nota delle nostre ricchezze: quattro barili di alluminio contenenti 330 litri d’acqua, 340 chili, due casse di biscotti, 200 chili: sei casse di carni conservate e conserve alimentari, 200 chili: cioccolato, bottiglie di liquori, due fucili, tre rivoltelle, munizioni, una scure, due coltelli, 90 chili; bussole, termometri, barometri, un sestante del punto, matite, carta e piccoli oggetti, 24 chili; piccola farmacia, 4 chili; tende, coperte, vestiti, una vela per la scialuppa, albero e remi, 36 chili; tre ancore, una da terra e due da mare, due piccioni messaggeri, 26 chili.”
“Tre ancore!” esclamò O’Donnell. “V’ingannate: io non ne vedo che una.”
“No, amico mio: ne possediamo tre. Quella che vedete lì e che ha la solita forma, è una: le altre due sono quei coni di alluminio che somigliano a imbuti.”
“Non vi comprendo.”
“Basta immergere uno di questi coni in mare, e subito si rovescia, si riempie d’acqua, e la resistenza che oppone basta, se non a fermare del tutto i miei palloni, almeno a rallentare assai la loro marcia.”
“Avete pensato a tutto, Mister Kelly.”
“Lo spero,” rispose l’ingegnere. “Una pompa premente, 8 chili...”
“Una pompa! Che cosa volete farne?”
“Per mantenere sempre gonfi i due palloncini.”
“Ma quali?”
“Quelli che stanno dentro nei due grandi palloni contenenti l’idrogeno. Mi spiegherò meglio più tardi. Dieci cilindri di idrogeno compresso, 24 chili...”
“Per cosa farne?”
“Per i miei aerostati. Comprenderete che io dovevo cercare il mezzo per mantenermi in aria il maggior tempo possibile, e ho immagazzinato in quei cilindri, mediante una pompa speciale di mia invenzione, ben quattrocento metri cubi di idrogeno.”
“E non scoppieranno i tubi?”
“No: almeno lo spero. Peso del battello, 72 chili; peso delle funi, 100 chili; peso dei nostri corpi... Quanto pesate?”
“Sessanta chilogrammi.”
“185 chili fra tutti e tre. Peso dei due aerostati, 602 chili; zavorra e altri piccoli oggetti, 758... Totale 2600. Va bene, O’Donnell?”
“È esatto,” rispose l’irlandese.
“Dunque noi possiamo disporre di quasi 800 chilogrammi di zavorra: un bel peso, in fede mia, ma necessario”
“Una cosa però non ho veduto, fra i tanti oggetti che ingombrano la scialuppa.”
“E quale?”
“Una cucina.”
“Oh, ghiottone! Mi ero dimenticato di avvertirvi, prima che saliste nella mia navicella, che sareste stato costretto a nutrirvi esclusivamente di cibi freddi.”
“Non era necessario: freddi o caldi, poco m’importa. Ho fatto l’osservazione non per me, ma per voi.”
“La cucina portatile è stata la prima cosa che ho eliminato dalla lista dei miei oggetti. Sopra il nostro capo vi è una specie di polveriera, e una scintilla basterebbe a farla scoppiare. L’idrogeno s’infiamma facilmente; ed ecco il motivo per cui ho rinunciato ad accendere il fuoco per tutta la durata del viaggio.”
“E proibito fumare, dunque.”
“No, vedete anzi che tengo anch’io una provvista di sigarette: ma alla prima fuga di gas vi consiglio di gettare nell’oceano, e senza ritardo, il vostro sigaro.”
“Non mancherò di farlo, Mister Kelly. Ora mi spiegherete il vostro sistema di palloni.”
“Bastano poche parole. Come vedete, i miei due palloni hanno la forma di due grandi fusi, lunghi ventotto metri ciascuno, del diametro di 9,20 metri al centro, più acuminati dinanzi che di dietro e del volume totale di 2120 metri cubi, ossia di 1060 ciascuno. Ho preferito questa forma, perché si presta meglio: se fossero stati due palloni ordinari gli urti fra di loro sarebbero stati frequenti, e per la loro rotondità sarei stato obbligato a tenere ad una distanza troppo grande la mia navicella.
Sembrano uniti; ma le loro maglie sono indipendenti l’una dall’altra, e con pochi colpi di coltello possono separarli. Se uno si guastasse, potrei facilmente lasciarlo cadere in mare senza lunghe manovre e farmi reggere dall’altro, gettando la mia provvista di zavorra e gli oggetti meno necessari. Entrambi sono muniti di due valvole: una situata in alto, detta di manovra, serve per la discesa; e per ottenere ciò, basta dare uno strappo a questo due corde fissate a poppa della navicella; l’altra, detta di sicurezza, è automatica, e serve a dar sfogo all’idrogeno quando si dilata per il troppo calore del sole. Senza di questa si potrebbe correre il pericolo di veder scoppiare i nostri palloni.
Quando raggiungeremo dei climi più caldi, vi toccherà sovente di sentire un acuto odore di gas. Sarà una perdita grave, ma necessaria per la nostra salvezza. Ma nei miei due palloni ho voluto introdurre un grande miglioramento, che è stato già studiato e anche adoperato, credo, da taluni aeronauti europei, e con risultati soddisfacenti, io ho avuto la massima cura nella scelta del tessuto di seta dei miei palloni e nella vernice interna ed esterna che doveva spalmarli; ma, come voi sapete, il gas fugge sempre anche attraverso i tessuti più impermeabili, e dopo un certo tempo l’aerostato perde la sua forza ascensionale, ricade e forma delle grandi pieghe, entro le quali s’ingolfa il vento, producendo talvolta delle lacerazioni. Io spero che col tessuto da me fatto appositamente fabbricare e verniciare, la perdita dell’idrogeno sarà minima, tanto più che i miei palloni, invece di essere semplici, hanno doppia coperta. Tuttavia fra otto o dieci giorni si sarebbero manifestate delle pieghe che sarebbero diventate assai pericolose, data la forma speciale del mio vascello aereo. Per ovviare a questo grave inconveniente e mantenere la superficie dei miei aerostati sempre tesa, ho posto in mezzo ad essi due piccoli palloni gonfi d’aria, introdotta con la pompa premente che avete veduto. Quando i due fusi perdono l’idrogeno, io gonfio sempre più i miei due piccoli palloncini i quali, aumentando il loro volume, costringeranno la superficie dei primi a rimanere sempre tesa.”
“Benissimo, Mister Kelly; ma quando i due palloncini saranno completamente gonfi, come farete ad aumentare il loro volume? Allora non potrete più evitare le pieghe che si manifesteranno nei due grandi aerostati.”
“Non ho portato con me i dieci cilindri di idrogeno compresso? Voi vedete che tutti e quattro i palloni, all’estremità inferiore, o, meglio, nel loro punto centrale, hanno quattro tubi che si prolungano fino a noi. Adatto i cilindri alle maniche dei due fusi e v’inietto dentro i miei 400 metri cubi di gas.”
“Per San Patrick, mio protettore! Voi avete pensato ad ogni cosa!” esclamò l’irlandese.
“Lo spero, O’Donnell; ma questo non è tutto. Se i due grandi aerostati perdessero poco idrogeno e il gonfiamento ad aria dei palloncini fosse sufficiente a mantenerli tesi, io potrei accrescere la forza ascensionale del mio vascello aereo, iniettando i miei 400 metri cubi di idrogeno nei secondi”
“Eliminando l’aria?”
“Sì. All’una sostituisco l’altro”
“E se tutto ciò non bastasse e il nostro vascello dopo un certo numero di giorni cadesse? Chissà, i venti possono spingerci lontano, sull’ampio oceano.”
“Ho pensato anche a questo, O’Donnell. Ho preso con me tre lunghe guide-ropes o meglio, tre funi moderatrici, del peso complessivo di 70 chili e d'ineguale lunghezza. Se il mio vascello si abbassa (e ciò avverrà senza dubbio tutte le notti, poiché con lo scemare del calore l’idrogeno si restringe, diminuendo considerevolmente la forza ascensionale), io lascio pendere le mie tre funi. Immergendosi, esse perdono una parte del loro peso specifico e alleggeriscono i palloni d’un peso non piccolo. Non bastano? Senza sacrificare la zavorra, calo i miei barili d’acqua, che sono chiusi ermeticamente nei loro recipienti di alluminio, e mi scarico due o trecento chilogrammi. Un’ora di sole basta a dilatare l’idrogeno e noi, a giorno fatto, risaliamo in alto, portando con noi i nostri barili e le nostre guide-ropes, sacrificando forse poche decine di chilogrammi di zavorra.”
“E se ancora ciò non bastasse e i nostri palloni scendessero per mancanza d’idrogeno?”
“Mi resta la scialuppa. Da aeronauti diverremo marinai e cercheremo di raggiungere la costa più vicina, o di incontrare qualche nave.”
“Ma voi avete eliminato tutti i pericoli.”
“Tutti no, O’Donnell. Un uragano può lacerarci i palloni, o un fulmine incendiarli, e noi precipitare in fondo all’oceano.”
“Speriamo di scendere sani e salvi in Europa, Mister Kelly.”
“Confidiamo in Dio e nel nostro Washington. Simone, versaci un bicchiere di whisky. Quassù fa freddo assai, e una sorsata di liquore ci farà bene e forse ci eviterà un raffreddore.”
L’irlandese che conservava il suo inalterabile buon umore, stappò una bottiglia e riempì tre bicchieri. “Hurrah per il Washington” gridò. Stava per accostare il bicchiere alle labbra, dopo aver toccato quello dell’ingegnere, quando un'acuta detonazione risuonò sotto l’aerostato. “Per San Patrick!” urlò, “cosa scoppia?”
“Una granata,” rispose Kelly, con voce tranquilla.
“Pare che agli inglesi prema assai di catturarvi. Bah! sarà polvere sprecata!”

 

 Chapitre 3

Le ballon de M. Kelly

Le vaisseau qui servait de navette contenait une telle quantité d'objets, qu'elle surprendrait n'importe qui, même un aéronaute. Éparpillés un peu au hasard, il y avait des caisses, des cageots, des tonneaux, des couvertures, des tentes, des coudes, des cylindres métalliques, des cônes bizarres qui ressemblaient à des entonnoirs, des armes, une sorte de pompe, des ancres, des baromètres, des thermomètres, des rames, des voiles, des télescopes, des manches et d'innombrables autres objets de toutes sortes.
L'ingénieur sortit de sa poche un petit livre couvert de chiffres et de mots et nota, avec un soin extrême, les numéros estampillés sur tous ces objets. "Bravo, Simone !" dit-il en se tournant vers le nègre, qui continuait à claquer des dents et à écarquiller ses grands yeux effrayés. "Je vois que vous n'avez rien oublié."
"Malgré ta peur !" dit l'Irlandais. "Par Saint Patrick mon patron, il me semble que votre serviteur a été saisi d'un grand tremblement !"
"Il s'y habituera, O'Donnell", a répondu l'ingénieur. "C'est la première fois qu'il est sur une balle perdue."
"Je suppose, cependant, que vous avez déjà fait quelques ascensions."

 

"Oui, mais sur un ballon freiné. Faisons l'inventaire de ce que nous possédons et essayons de mettre un peu d'ordre dans notre canot de sauvetage. ?
"Dans le canot de sauvetage, vous voulez dire."
"En effet, c'est un véritable engin, très léger, mais solide à souhait, qui nous sera d'une grande utilité si nos ballons tombent au milieu de l'océan."

"Mais quel métal avez-vous utilisé pour le fabriquer ? Ça ressemble à une barre d'argent."
"J'ai employé l'un des métaux les plus légers, mais en même temps l'un des plus solides : l'aluminium. C'est un métal qui est peu utilisé aujourd'hui, mais qui est appelé à avoir un grand avenir. Voici une note de nos richesses : quatre barils d'aluminium contenant 330 litres d'eau, 340 kilos ; deux caisses de biscuits, 200 kilos ; six caisses de conserves de viande et de nourriture en boîte, 200 kilos : chocolat, bouteilles d'alcool, deux fusils, trois revolvers, munitions, une hache, deux couteaux, 90 kilos ; boussoles, thermomètres, baromètres, un sextant à pointe, crayons, papier et petits objets, 24 kilos ; petite pharmacie, 4 kilos ; tentes, couvertures, vêtements, une voile pour le canot de sauvetage, mât et rames, 36 kilos ; trois ancres, une de terre et deux de mer, deux pigeons messagers, 26 kilos. "
"Trois ancres !" s'exclame O'Donnell. "Vous vous trompez : je n'en vois qu'un seul."
"Non, mon ami : nous en possédons trois. Celui que vous voyez là, et qui a la forme habituelle, en est un : les deux autres sont ces cônes en aluminium qui ressemblent à des entonnoirs."
"Je ne vous comprends pas."

 

"Il suffit de plonger un de ces cônes dans la mer pour qu'il se renverse immédiatement, se remplisse d'eau et que la résistance qu'il oppose suffise, sinon à arrêter complètement mes ballons, du moins à les ralentir passablement."
"Vous avez pensé à tout, M. Kelly."
"Je l'espère", a répondu l'ingénieur. "Une pompe à pression, huit kilos..."
"Une pompe ! Que voulez-vous en faire ?"
"Pour garder les deux ballons gonflés à tout moment."
"Mais lesquels ?"

"Ceux qui sont à l'intérieur des deux grands ballons d'hydrogène. Je vous expliquerai plus tard. Dix cylindres d'hydrogène comprimé, 24 kilos..."
"Que faire d'eux ?"
"Pour mes aérostats. Vous comprendrez que je devais chercher les moyens de me maintenir en l'air le plus longtemps possible, et j'ai emmagasiné dans ces cylindres, au moyen d'une pompe spéciale de mon invention, pas moins de quatre cents mètres cubes d'hydrogène."
"Et les tubes ne vont pas éclater ?"
"Non : du moins je l'espère. Poids du bateau, 72 kilos ; poids des cordes, 100 kilos ; poids de nos corps..... Combien pèses-tu ?"
"Soixante kilogrammes."
"185 kilos à nous trois. Poids des deux aérostats, 602 kilos ; lest et autres petits objets, 758.... Total 2600. Est-ce correct, O'Donnell ?"
"C'est exact", a répondu l'Irlandais.
"Nous pouvons donc nous débarrasser de près de 800 kilogrammes de lest : un sacré poids, à mon avis, mais nécessaire."
"Une chose, cependant, que je n'ai pas vue, parmi les nombreux objets qui encombrent le canot de sauvetage".
"Lequel ?"
"Une galère."

"Oh, carcajou ! J'ai oublié de vous prévenir, avant que vous ne montiez à bord de mon vaisseau, que vous seriez obligés de vous nourrir exclusivement d'aliments froids."
"Ce n'était pas nécessaire : froid ou chaud, je m'en moque. J'ai fait l'observation non pas pour moi, mais pour toi."
"La cuisine portable a été la première chose que j'ai éliminée de ma liste d'objets. Au-dessus de notre tête, il y a une sorte de baril de poudre, et une étincelle suffirait à le faire exploser. L'hydrogène s'enflamme facilement ; c'est pourquoi j'ai renoncé à allumer des feux pour la durée du voyage. "
"Et il est interdit de fumer, alors."

"Non, vous voyez, je garde aussi une réserve de cigarettes : mais à la première fuite de gaz, je vous conseille de jeter votre cigare dans l'océan, et sans attendre."
"Je ne manquerai pas de le faire, M. Kelly. Vous allez maintenant m'expliquer votre système de ballons."
"Quelques mots suffiront. Comme vous pouvez le constater, mes deux ballons ont la forme de deux grands fuseaux, de vingt-huit mètres de long chacun, de 9,20 mètres de diamètre au milieu, plus pointus devant que derrière, et d'un volume total de 2120 mètres cubes, soit 1060 chacun. J'ai préféré cette forme, car elle s'y prête mieux : s'il s'était agi de deux ballons ordinaires, les collisions entre eux auraient été fréquentes, et à cause de leur rondeur, j'aurais été obligé de maintenir mon vaisseau spatial à une trop grande distance.

Ils semblent unis, mais leurs liens sont indépendants les uns des autres, et en quelques coups de couteau, ils peuvent être séparés. Si l'un d'eux tombait en panne, je pourrais facilement le laisser tomber dans la mer sans trop de manœuvres et être retenu par l'autre, en y jetant mon lest et les objets moins nécessaires. Tous deux sont équipés de deux soupapes : l'une située en haut, appelée soupape de manœuvre, sert à la descente ; pour cela, il suffit de tirer sur ces deux cordes fixées à la poupe de l'engin ; l'autre, appelée soupape de sécurité, est automatique, et sert à évacuer l'hydrogène lorsqu'il se dilate à cause d'une trop grande chaleur du soleil. Sans cela, il y aurait un risque d'éclatement de nos ballons.

Lorsque nous atteignons les climats plus chauds, vous sentirez souvent une forte odeur de gaz. Ce sera une perte sérieuse, mais nécessaire pour notre salut. Mais dans mes deux ballons, j'ai voulu introduire un grand perfectionnement, qui a déjà été étudié et même utilisé, je crois, par quelques aéronautes européens, et avec des résultats satisfaisants, j'ai apporté le plus grand soin au choix du tissu de soie de mes ballons et à la peinture intérieure et extérieure qui devait les revêtir ; mais, comme vous le savez, le gaz s'échappe toujours, même à travers les tissus les plus imperméables, et après un certain temps, le ballon perd sa force ascensionnelle, retombe et forme de grands plis, à l'intérieur desquels le vent se gonfle, produisant parfois des déchirures. J'espère qu'avec le tissu que j'ai spécialement fabriqué et peint, la perte d'hydrogène sera minimale, d'autant plus que mes ballons, au lieu d'être simples, ont un double pont. Cependant, au bout de huit ou dix jours, des plis apparaîtraient, ce qui deviendrait très dangereux, étant donné la forme particulière de mon ballon. Pour remédier à ce grave inconvénient et maintenir la surface de mes aérostats toujours tendue, j'ai placé au milieu d'eux deux petits ballons gonflés d'air, introduits avec la pompe à pression que vous avez vue. Lorsque les deux fusibles perdent leur hydrogène, je gonfle de plus en plus mes deux petits ballons qui, en augmentant leur volume, vont obliger la surface du premier à rester toujours tendue."

 

"Très bien, M. Kelly ; mais lorsque les deux ballons seront complètement gonflés, comment allez-vous augmenter leur volume ? Alors vous ne pourrez plus éviter les plis qui se produiront dans les deux grands ballons."
"N'ai-je pas apporté les dix cylindres d'hydrogène comprimé avec moi ? Vous voyez que les quatre ballons, à leur extrémité inférieure, ou plutôt à leur point central, ont quatre tubes qui s'étendent jusqu'à nous. J'adapte les cylindres aux manchons des deux fusées et j'y injecte mes 400 mètres cubes de gaz."
"Par Saint Patrick, mon protecteur ! Vous avez pensé à tout !" s'exclame l'Irlandais.
"Je l'espère, O'Donnell ; mais ce n'est pas tout. Si les deux grands ballons perdaient peu d'hydrogène, et si le gonflage des ballons était suffisant pour les maintenir tendus, je pourrais augmenter la force ascensionnelle de mon vaisseau aérien en injectant mes 400 mètres cubes d'hydrogène dans les secondes."
"En éliminant l'air ?"

"Oui. A l'un je remplace l'autre."
"Et si tout cela ne suffit pas et que notre vaisseau après un certain nombre de jours tombe ? Qui sait, les vents peuvent nous pousser loin sur le vaste océan."
"J'ai pensé à ça aussi, O'Donnell. J'ai emporté avec moi trois longues cordes de guidage, ou plutôt trois cordes de modération, d'un poids total de 70 kilos et de longueur inégale. Si mon navire coule (et ce sera sans doute le cas chaque nuit, car avec la baisse de la chaleur, l'hydrogène se rétracte, diminuant considérablement la force ascensionnelle), je laisse pendre mes trois cordes. En s'immergeant, ils perdent une partie de leur poids spécifique et allègent les ballons de façon non négligeable. Pas assez ? Sans sacrifier le lest, j'abaisse mes barils d'eau, qui sont hermétiquement fermés dans leurs conteneurs en aluminium, et je déverse deux ou trois cents kilogrammes. Une heure de soleil suffit à dilater l'hydrogène et nous, quand le jour est fait, nous remontons, emportant nos tonneaux et nos cordes de guidage, sacrifiant peut-être quelques dizaines de kilogrammes de lest."

"Et si ça ne suffit toujours pas et que nos ballons s'écrasent par manque d'hydrogène ?"
"Cela me laisse avec le canot de sauvetage. D'aéronautes, nous deviendrons marins et tenterons d'atteindre la côte la plus proche, ou de rencontrer un navire."
"Mais vous avez éliminé tout danger."
"Tous non, O'Donnell. Un ouragan peut déchirer nos ballons, ou la foudre les enflammer, et nous plongerons au fond de l'océan."
"Nous espérons descendre en toute sécurité en Europe, Monsieur Kelly."
"Nous avons confiance en Dieu et en notre Washington. Simone, verse-nous un verre de whisky. Il fait très froid ici, et une gorgée de liqueur nous fera du bien et nous empêchera peut-être d'attraper un rhume."

L'Irlandais, qui a conservé son inaltérable bonne humeur, a débouché une bouteille et rempli trois verres. "Hourra pour le Washington", a-t-il crié. Il s'apprête à porter le verre à ses lèvres, après avoir touché celui de l'ingénieur, lorsqu'une forte détonation retentit sous l'aérostat. "Saint Patrick !" a-t-il crié, "qu'est-ce qui éclate ?"
"Une grenade", a répondu Kelly, d'une voix calme.
"Il semble que les Britanniques soient très désireux de vous capturer. Bah ! ce sera de la poudre gaspillée !"



 

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