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Capitolo 6

Attraverso il banco di Terranova

Il grande banco di Terranova, che deve la sua celebrità alla pesca del merluzzo, è situato fra il 40° 57’ e il 50° 17’ di latitudine nord e il 46° e il 50° di longitudine ovest. La sua lunghezza è di 900 chilometri; la sua larghezza è varia, avendo una forma irregolare, che in certi punti tocca i 300 chilometri.
È un banco immenso, sabbioso; ma la sua profondità permette il passaggio delle navi quasi dappertutto. È là che al principio della primavera, specialmente dopo l’arrivo delle immense bande di godillons, uccelli del mare che seguono i merluzzi nelle loro emigrazioni, si radunano a migliaia le navi da pesca, cercando di occupare i migliori posti e specialmente lo spazio interposto fra i paralleli 44° e 46° che è il preferito dai pesci migratori.
Né i pesanti e densissimi nebbioni prodotti dalle acque tiepide del Gulf-stream con l’incontro della fredda corrente polare e degli icebergs o monti di ghiaccio galleggianti, staccatisi dalle terre artiche, né l’irrompere di quelle enormi masse di ghiaccio, del peso di parecchie migliaia di tonnellate, attraverso il grande banco, né i soffi tremendi del poudrin che solleva enormi ondate, trattengono quelle migliaia di pescatori, i quali si inoltrano arditamente sul banco, gareggiando fra loro per riempire più presto le loro navi del prezioso pesce, che frutterà a loro dei grandi benefizi.
Tutti già conoscono il merluzzo, ma allo stato secco e decapitato.
È dotato di una voracità fenomenale, al par del luccio d’acqua dolce, e si nutre di crostacei, di molluschi e di pesci.
Ha tre pinne sul dorso, due anali e una piccola caudale, tagliata in forma quadrata. Il suo muso è grosso, ottuso, munito sotto la sinfisi di un barbiglio carnoso di forma conica; i suoi occhi sono grandi, il corpo svelto, coperto di piccole scaglie aderenti; il suo colore è verdognolo e giallastro sopra, argenteo sotto.
Essendo così vorace, la sua presa è facile, poiché si getta senza esitare sulle lenze dei pescatori, inghiottendo gli ami assieme alla preda che vi è attaccata.
Le lenze che vengono adoperate nella pesca sono funicelle solidissime, del diametro di metri 0,027, della lunghezza di 100 metri, o di 150 e anche l60, munite di cordicelle più sottili, terminanti in ami di ferro dolce o d’acciaio, i quali portano o pezzi di aringa, o di cappellano o di cornuto.
Queste lenze sono trattenute verticalmente da pezzetti di piombo, del peso da quattro a sei grammi. Si calcola che ogni pescatore, con tempo favorevole, prenda in una giornata dai duecentocinquanta ai trecentocinquanta merluzzi!
Quando l’aerostato, spinto dal vento del sud-ovest, giunse sul banco, i pescatori erano in piena attività.
Fin dove arrivava lo sguardo, bricks, brigantini, golette, orche, cutters rotolavano furiosamente sotto le larghe onde dell'Atlantico e dappertutto si vedevano miriadi di dorès, quei piccoli battelli incaricati del ritiro delle lenze e delle prede, montati ognuno da due uomini vestiti di abiti di tela incatramata o cerata e di un lungo grembiule che sale fino al loro collo.
Un attività febbrile regnava dappertutto, fra un baccano assordante che saliva fino agli aeronauti.
Gli uomini delle piccole imbarcazioni ritiravano, con celerità fantastica, le lunghe lenze, staccavano i merluzzi, che pendevano da una specie di uncino detto èlan-gueur, li sventravano per estrarne gli intestini, che servavano da esca per le lenze, e strappavano loro la lingua, che ponevano con somma cura nelle tasche dei loro grandi grembiuli e in una borsa appesa alla cintura. Quelle lingue non si raccolgono per ricavarne qualche profitto: servono solamente per regolare i conti col proprietario della nave da pesca, il quale alla sera fa ritirare tutte le lingue per sapere quanti merluzzi ha raccolto durante la giornata ognuno dei suoi uomini.
Sui ponti dei vari battelli il lavoro ferveva con non minore attività.
I capitani, i padroni, i mastri, ritti dinanzi a delle tavole, tagliavano le teste ai merluzzi portati a bordo dei legni dai pescatori dei piccoli canotti e raccoglievano i fegati e le uova, che deponevano entro grandi canestri, mentre i loro aiutanti, gli habilleurs, strappavano la spina dorsale e pulivano l'interno, gettando poi tutti quei pesci nella stiva, dove altri uomini erano incaricati di sottoporli al primo sale. Da quei fegati, che i pescatori radunano in grandi quantità, si estrae quel miracoloso olio che ha acquistato grande rinomanza. Già da tempo antichissimo gli inglesi, gli olandesi ed i norvegesi avevano scoperto in quell’olio delle proprietà miracolose; ma per lo più lo adoperavano contro i reumatismi articolari con buon successo. Oggi invece viene usato come ricostituente, e tutti ormai conoscono la sua efficacia straordinaria. Quello che si estrae dai merluzzi che si pesano sul banco di Terranova viene considerato il migliore, perché è più ricco di sostanze grasse e quindi più efficace come ricostituente.
Dal grande banco s’innalzava fino all’aerostato un puzzo nauseante di pesce, d’olio, un fumo nero e pesante, eruttato dalle numerose navi da guerra di tutte le nazioni, scaglionate fra quegli innumerevoli battelli da pesca, ed al nord, al sud, all’est e all’ovest si udiva un frastuono impossibile a descriversi: fischi di macchine, spari di petrieri che richiamavano a bordo i canotti, tocchi di campane, suoni di trombette, un grido, un chiamarsi continuo, un vociare in tutte le lingue.
All'apparire dell’aerostato, il quale filava maestosamente sopra il banco, subentrò un profondo silenzio. Tutti quei pescatori dimenticarono per alcuni istanti le lenze ed i merluzzi, guardando quel meraviglioso vascello che il vento spingeva sopra i muggenti flutti dell’oceano. Tutti quegli uomini parevano stupiti da quella improvvisa apparizione. Avevano indovinato di che cosa si trattasse, o la scambiavano, come gli abitanti di Terranova, per un immenso uccello di nuova specie? A quel silenzio successe ben presto un clamore assordante: hurrah immensi echeggiarono da un capo all’altro del grande banco, si agitavano i berretti, si ammainavano le bandiere tre volte in segno di saluto, si suonavano furiosamente le campane e le trombette, e si sparavano i petrieri, come quando le pesanti nebbie piombano repentinamente sulle flottiglie.
I legni da guerra, i cui equipaggi avevano subito compreso di cosa si trattasse e che forse avevano avuto sentore dell’ardita spedizione del Mister Kelly, scaricavano i loro pezzi, mentre i marinai, arrampicatisi sui pennoni, salutavano gli intrepidi aeronauti con formidabili hurrah.
“Grazie!” gridò l’ingegnere, vivamente commosso, mentre sventolava la bandiera degli Stati dell’Unione e O’Donnell scaricava le due carabine.
Ma la loro comparsa fu rapida, il vento spingeva l’aerostato sopra l’oceano con la velocità di sessanta miglia all’ora, in pochi minuti passò sopra quelle lunghe file di navi e di canotti e si allontanò verso il nord-est.
“Per San Patrick! “esclamò l’irlandese. “Vi confesso. Mister Kelly, che quell’inattesa accoglienza mi ha scombussolato.”
“E io vi dico che non sono meno commosso di voi, O’Donnell” rispose l’ingegnere.
“Che questi pescatori conoscessero già il vostro progetto?”
“È probabile, perché negli Stati Uniti e nel Canada ne hanno parlato a lungo, e quelli di Terranova ne saranno stati informati.”
“Comunque sia, quella dimostrazione d’affetto è stata commovente, ingegnere. Non mi ha permesso di continuare attentamente la pesca dei merluzzi.”
“Ne sapete già abbastanza, su quella pesca.”
“Sì, grazie alla Vostra erudizione. Quale direzione teniamo?”
“Sempre quella di nord-est, cioè della mia corrente.”
“E non incontreremo più terre, d’ora innanzi?”
“Nessuna fino sulle coste d’Europa.”
“Diavolo! Ciò produce un certo effetto, Mister Kelly.”
“Lo manderete giù assieme a quattro bocconi e a una bottiglia di vecchio vino di Spagna.”
“Credo che abbiate ragione” rispose l’irlandese, sorridendo.
“Un buon bicchiere di vino scaccia meglio di qualunque altra cosa le emozioni, anzi, vi confesso che questo freddo mi ha messo indosso un certo appetito.”
“Sono sette ore che non abbiamo messo sotto i denti una briciola di biscotto. ”
“È fiato sprecato, Mister Kelly.
L’irlandese aveva ragione.
Quell’altezza produceva su di lui un senso di invincibile paura; quel vuoto lo atterriva e gli faceva girare la testa.
“Rimani là” disse O’Donnell. “M’incarico io del servizio di bordo, poltrone.”
In un batter d'occhio aprì una cassa, ne tolse una scatola di carne arrostita, un’altra di acciughe, dei biscotti, una bottiglia, bicchieri e posate, e preparò la tavola, che era sostituita da una panchina del battello.
“Quando desiderate, Mister Kelly” disse con la sua più bella voce.
L’ingegnere, che stava esaminando i suoi strumenti, si affrettò a rispondere all’appello, ed i due aeronauti, che cominciavano a provare i morsi della fame intaccarono con molto appetito le vivande.
Terminata la cena, l’ingegnere e l’irlandese accesero le sigarette, poi volsero uno sguardo verso l’ovest.
Il grande banco era scomparso sotto l’orizzonte, e l’aerostato filava sull’immensa distesa dell’Atlantico, i cui muggiti salivano fino alla navicella.
L’irlandese, malgrado la sua audacia, impallidì leggermente. Ormai non dovevano contare più sulle loro forze e sul loro vascello aereo, poiché la sola immensità li circondava e in caso di catastrofe nessun uomo sarebbe accorso in loro aiuto.
Quasi contemporaneamente il sole tramontò e le tenebre piombarono bruscamente sull’oceano avvolgendo l’aerostato.

 

 Chapitre 6

Par le banc de Terre-Neuve

Le grand banc de Terre-Neuve, qui doit sa renommée à la pêche à la morue, est situé entre 40° 57' et 50° 17' de latitude N. et 46° et 50° de longitude O. Sa longueur est de 900 kilomètres ; sa largeur est variée, ayant une forme irrégulière, qui atteint à certains endroits 300 kilomètres.
C'est une rive immense, sablonneuse ; mais sa profondeur permet le passage des navires presque partout. C'est là qu'au début du printemps, surtout après l'arrivée des immenses bandes de godillons, oiseaux de mer qui suivent la morue dans leur émigration, les bateaux de pêche se rassemblent par milliers, essayant d'occuper les meilleures places et surtout les espace intermédiaire entre les parallèles 44° et 46° qui est le favori des poissons migrateurs.
Ni les brumes lourdes et très denses produites par les eaux chaudes du Gulf-stream avec la rencontre du courant polaire froid et des icebergs ou montagnes de glace flottantes, détachées des terres arctiques, ni l'éclatement de ces énormes masses de glace, pesant plusieurs milliers de tonnes, à travers le grand récif, ni les formidables rafales de poudrin qui soulèvent d'énormes vagues, ne retiennent ces milliers de pêcheurs, qui pénètrent hardiment dans le récif, rivalisant les uns avec les autres pour remplir au plus vite leurs navires du précieux poisson, dont il leur apportera de grands avantages.
Tout le monde connaît déjà la morue, mais à l'état séché et décapitée.
Il a une voracité phénoménale, comparable au brochet d'eau douce, et se nourrit de crustacés, de mollusques et de poissons.
Il a trois nageoires sur le dos, deux anales et une petite caudale, taillées en carré. Son museau est épais, obtus, muni sous la symphyse d'un barbillon conique charnu ; ses yeux sont grands, son corps élancé, couvert de petites écailles adhérentes ; sa couleur est verdâtre et jaunâtre dessus, argentée dessous.
Étant si vorace, sa prise est facile, car il se jette sans hésiter sur les lignes des pêcheurs, avalant les hameçons avec la proie qui y est attachée.
Les lignes qui servent à la pêche sont des cordes très solides, d'un diamètre de 0,027 mètre, d'une longueur de 100 mètres, soit 150 et même 160, équipées de cordes plus fines, se terminant par des hameçons en fer doux ou en acier, qui portent ou des morceaux de hareng , ou aumônier ou cocu.
Ces lignes sont maintenues verticalement par de petits morceaux de plomb pesant de quatre à six grammes. On estime que chaque pêcheur, par temps favorable, capture de deux cent cinquante à trois cent cinquante morues par jour !
Lorsque le ballon, poussé par le vent du sud-ouest, atteint le récif, les pêcheurs battent leur plein.
A perte de vue, des briques, des bricks, des goélettes, des orques, des cotres roulaient furieusement sous les larges vagues de l'Atlantique et partout on voyait des myriades de dorès, ces petits bateaux chargés de ramasser lignes et proies, chacun monté par deux des hommes vêtus de vêtements goudronnés ou cirés et d'un long tablier qui leur monte jusqu'au cou.
Une activité fébrile régnait partout, au milieu d'un vacarme assourdissant qui montait jusqu'aux aéronautes.
Les hommes des petits bateaux retiraient, avec une rapidité fantastique, les longues lignes, détachaient la morue, qui pendait à une sorte d'hameçon appelé élangueur, les éviscèrent pour en extraire les boyaux, qui servaient d'appâts aux lignes, et arrachaient la langue, qu'ils plaçaient avec grand soin dans les poches de leurs grands tabliers et dans un sac suspendu à leur ceinture. Ces langues ne sont pas ramassées pour faire quelque profit : elles ne servent qu'à régler des comptes avec l'armateur du bateau de pêche, qui le soir fait ramasser toutes les langues pour savoir combien de morues chacun de ses hommes a ramassées dans la journée.
Sur les ponts des différents bateaux, le travail bat son plein avec non moins d'activité.
Les capitaines, les maîtres, les maîtres, debout devant les tables, coupaient les têtes des morues amenées à bord des navires par les pêcheurs des barques et ramassaient les foies et les œufs, qu'ils plaçaient dans de grands paniers, tandis que leurs aides, les habilleurs, arrachaient l'échine et nettoyaient l'intérieur, puis jetaient tous ces poissons dans la cale, où d'autres hommes étaient chargés de les soumettre au premier sel. De ces foies, que les pêcheurs recueillent en grande quantité, on extrait cette huile miraculeuse qui a acquis une grande renommée. Depuis l'antiquité les Anglais, les Hollandais et les Norvégiens avaient découvert des propriétés miraculeuses à cette huile ; mais surtout ils l'ont utilisé contre les rhumatismes articulaires avec un bon succès. Aujourd'hui, cependant, il est utilisé comme tonique, et maintenant tout le monde connaît son extraordinaire efficacité. Ce qui est extrait de la morue pesée sur le banc Terranova est considéré comme le meilleur, car il est plus riche en corps gras et donc plus efficace comme tonique.
Du grand banc montait jusqu'au ballon une puanteur nauséabonde de poisson, d'huile, une épaisse fumée noire, émise par les nombreux navires de guerre de toutes les nations, éparpillés parmi ces innombrables bateaux de pêche, et au nord, au sud, au à l'est et à l'ouest on entendait un bruit impossible à décrire : des sifflets de moteurs, des coups de petrieri qui appelaient les bateaux à bord, des tintements de cloches, des sons de trompettes, un cri, un appel continu, des hurlements dans toutes les langues.
A l'apparition du ballon qui volait majestueusement au-dessus du comptoir, il y eut un profond silence. Tous ces pêcheurs ont oublié leurs lignes et leurs morues pendant quelques instants, en regardant ce merveilleux navire que le vent poussait au-dessus des vagues rugissantes de l'océan. Tous ces hommes semblaient émerveillés par cette apparition soudaine. Avaient-ils deviné ce que c'était, ou le prenaient-ils, comme les habitants de Terre-Neuve, pour un immense oiseau d'une nouvelle espèce ? Ce silence fut bientôt suivi d'une clameur assourdissante : d'immenses hurrahs retentirent d'un bout à l'autre de la grande berge, des bonnets furent agités, des drapeaux furent abaissés trois fois en signe de salut, des cloches et des trompettes retentirent furieusement, et les petrieri firent feu, comme lorsque les brumes épaisses tombent soudain sur les flottilles.
Les navires de guerre, dont les équipages avaient tout de suite compris de quoi il s'agissait et qui avaient peut-être vent de l'audacieuse expédition de M. Kelly, déchargeaient leurs pièces, tandis que les matelots, qui avaient escaladé les vergues, saluaient les aéronautes intrépides par de formidables hourras.
"Merci!" s'écria l'ingénieur, profondément ému, alors que le drapeau de l'Union flottait et qu'O'Donnell déchargeait ses deux carabines.
Mais leur apparition fut rapide, le vent emporta le ballon au-dessus de l'océan à la vitesse de soixante milles à l'heure, en quelques minutes il passa au-dessus de ces longues files de navires et de radeaux et s'éloigna vers le nord-est.
« Pour la Saint-Patrick ! s'écria l'Irlandais. « Je vous avoue. Monsieur Kelly, cet accueil inattendu m'a bouleversé.
« Et je vous dis que je ne suis pas moins ému que vous, O'Donnell, répondit l'ingénieur.
« Que ces pêcheurs étaient déjà au courant de votre projet ?
« Probablement, parce qu'aux États-Unis et au Canada, ils en parlent depuis longtemps, et ceux de Terre-Neuve en auront été informés.
« Quoi qu'il en soit, cette démonstration d'affection était touchante, ingénieur. Il ne m'a pas permis de continuer à pêcher prudemment la morue.
"Tu en sais déjà assez sur cette pêche."
« Oui, grâce à votre érudition. Quelle direction prenons-nous ?
"Toujours celui du nord-est, c'est-à-dire de mon courant."
« Et ne rencontrerons-nous plus de terres à partir de maintenant ?
"Aucun jusqu'aux côtes de l'Europe."
"Diable! Cela a un certain effet, monsieur Kelly. »
"Vous l'avalerez avec quatre bouchées et une bouteille de vieux vin espagnol."
"Je pense que tu as raison", répondit l'Irlandais en souriant.
"Un bon verre de vin bannit les émotions mieux qu'autre chose, en effet, j'avoue que ce rhume m'a donné un certain appétit."
« Cela fait sept heures que nous n'avons pas mangé une miette de biscuit. ”
« C'est une perte de souffle, monsieur Kelly.
L'Irlandais avait raison.



 

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