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Capitolo 5

La pesca dei merluzzi

Terranova, Newfoundland, è una delle maggiori isole dell’America settentrionale e, si può dire senza tema di esagerazione, è quella che offre maggiori ricchezze di tutte, non solo per le sue acque, che sono immensamente ricche di pesci, fra i quali primeggiano i merluzzi e le aringhe. E situata di fronte al Labrador, dalla cui terra è separata dallo stretto di Belle Isole, fra il 46° e il 51° e 46’ di latitudine nord e il 54° 5l’ e 62° di longitudine ovest. La sua superficie, che tocca gli 85.000 chilometri quadrati, è assai irregolare, frastagliata da penisole molto pronunciate, da un grande numero di baie, da piccoli porti, da cale e insenature, entro i quali possono comodamente ripararsi le navi, essendovi dovunque acqua profonda.
Notevolissime per la loro estensione e sicurezza sono le baie di Placentia, di Fortuna e di Santa Maria al sud, di Nostra Donna e Bianca a settentrione; di Concezione, Trinità e Buonavista a oriente; di San Giovanni, delle Isole di San Giorgio all'occidente, tutte popolate da pescatori, i quali sono oltre 100.000.
L’interno di Terranova è per lo più piano: verso l’occidente, però, l’isola presenta parecchie catene di colline. Ha numerosi laghi, parecchi fiumi, ma di poca importanza, grandi selve, ricche di selvaggina, di caribù e di volpi, e parecchie città. La capitale dell’isola è San Giovanni, situata in una baia posta al sud-est, con un porto di difficile accesso, essendo l’imboccatura assai stretta. Vengono poi Harbour-Grace, situata sulla costa occidentale della baia Concezione, poi Carbonier, Porto Trinità e Placentia.
Quest’isola fu una delle prime scoperte, anzi taluni affermano che lo sia stata ancor prima che il grande Colombo toccasse le isole del Golfo del Messico. I più, però, e con ragione, ritengono che Giovanni Caboto, che intraprese quell’audace spedizione per conto dell’Inghilterra, l’abbia scoperta nel l497, cioè cinque anni più tardi dell’approdo di Colombo alle Antille. Malgrado la sua scoperta risalga a un’epoca così avanzata, Terranova rimase quasi abbandonata e la sua colonizzazione non iniziò che nel 1623 con lord Baltimore.
L’aerostato spinto da un freddo vento di sud-ovest, filava sopra quella lunga e sottile penisola che racchiude, verso occidente, la baia Placentia, dirigendo verso quella di Trinità. Da quell’altezza l’isola era interamente visibile in tutti i suoi punti, anche i più lontani. Era come un’immensa carta geografica, spiegata sotto gli occhi degli arditi aeronauti. Grandi boschi di larici, di betulle, di pini e frassini apparivano qua e là, come pure parecchi villaggi, situati lungo le spiagge della baia. Si vedevano i pescatori scendere precipitosamente a terra e gli abitanti uscire in fretta dalle capanne ad ammirare il vascello aereo, che filava maestosamente sopra le loro teste e si udivano di quando in quando dei clamori e anche qualche detonazione.
“Diavolo!” esclamò l’irlandese, che non amava il silenzio. “Ci prendono per aquile? Fortunatamente siamo molto alti e le loro palle non arriveranno fino a noi.”
“Crederanno di salutarci,” rispose Kelly.
“Che siano indiani?”
“Gli indiani di Terranova sono morti tutti e da parecchi anni.”
“Li hanno distrutti?”
“La civiltà dei bianchi è fatale alle razze di colore. Dove si introduce, distrugge.”
“Vi erano delle tribù all'epoca della scoperta?”
“Sì, e non poche, a quanto sembra, ma scomparvero presto. L’ultima fu quella dei Micmac.”
“Erano proprio dei barbari?”
“No, anzi si scoprirono in loro notevoli principi di civiltà, che dimostravano che, in tempi antichi, avevano avuto contatti con gli uomini bianchi.”
“In tempi anteriori alla scoperta dell’isola?” chiese O’Donnell con sorpresa.
“Sì, amico mio.”
“Ma l’isola fu scoperta solo nel 1497! Chi poteva averla visitata prima di Caboto?”
“Voi mettete in campo un'autentica questione, che ha fatto versare torrenti d’inchiostro agli storici europei.”
“E quale mai?”
“Che l’America settentrionale sia stata visitata dagli europei cinque secoli prima delle scoperte di Colombo e di Caboto.”
“Ma da chi?”
“Dagli scoto-irlandesi e dai norvegesi.”
“Questa è bella!”
“Sembra che prima del 1000 parecchi audaci marinai scoto-irlandesi, spinti o dall’istinto dell’emigrazione o dal desiderio di conquista, siano sbarcati su queste isole e sulle coste del Canada, fondando degli insediamenti e introducendo fra le tribù primitive la religione cristiana. Infatti, si sa che quando i norvegesi, dopo aver scoperto l’Islanda e la Groenlandia, sbarcarono su queste coste, trovarono tracce evidenti del cristianesimo.”
“Ma che sia proprio vero che i norvegesi siano sbarcati in queste regioni?”
“Le tradizioni leggendarie che la Saga nordica ha trasmesso fino a noi, accennano alle spedizioni dei norvegesi e degli scoto-irlandesi, e ormai si è certi che qui fondarono parecchi insediamenti, specialmente nella Nuova Scozia e nel Nuovo Brunswick.”
“Ma che cosa accadde delle loro colonie? Perché non si spinsero verso il sud, alla conquista delle regioni più miti e più ricche?”
“Ecco quello che si ignora. Di quelle colonie non rimasero che le tracce, sono state distrutte dai selvaggi o qualche terribile malattia ha spento quei primi coloni? Ciò però non toglie alcun merito alle grandi scoperte di Colombo e di Caboto, perché furono loro a far conoscere all’Europa un altro immenso continente, la cui esistenza era stata messa in dubbio e...”
“Che cosa?”
“Non vi sembra che il freddo stia improvvisamente aumentando. O’Donnell?”
'“Al punto che batto i detti, ingegnere.”
“Ascoltate!”
Entrambi tesero le orecchie e udirono in aria dei leggeri crepitii. Pareva che dei corpuscoli urtassero la superficie degli aerostati. Kelly guardò in alto e vide brillare, ai raggi leggermente tiepidi del sole, delle pagliuzze di ghiaccio che si tenevano sospese in aria. “Comprendo da cosa deriva questo brusco abbassamento della temperatura,” disse, “attraversiamo uno strato di sottili ghiaccioli. Brutto segno: porterà una nevicata.”
“Tò!” esclamò O’Donnell. “Non vi sembra che ci stiamo abbassando?”
“Infatti è vero. Questo freddo repentino tende a restringere l’idrogeno, ma appena saremo usciti da questo strato, il sole tornerà a dilatarlo e noi a salire.” Il vascello aereo si abbassava lentamente, ma doveva essere cosa di breve durata. Ben presto il barometro avvertì gli aeronauti che i trovavano a 3000 metri di altezza, mentre prima si erano sempre tenuti a 3500. Quell’abbassamento permise di osservare meglio la grande isola che si stendeva sotto di loro. Si distinguevano perfettamente le abitazioni sparse sul bordo delle grandi boscaglie, gli abitanti che cercavano di correre dietro all’aerostato, credendolo forse un gigantesco uccello di nuovo genere, data la sua forma così differente dai soliti palloni, e si udivano nettamente le loro grida di stupore.
Alle tre pomeridiane O’Donnell e l’ingegnere scorsero, come annidata sulle sponde di una baia, San Giovanni, la capitale dell’isola. Per alcuni istanti poterono vedere il palazzo dell’assemblea, la dogana, le fortificazioni e le numerose graves che si estendevano per lungo tratto fuori dalla città, poi non videro più che una massa biancastra poiché il vento li spingeva verso nord, ossia in direzione delle baie di Trinità e Bonavista. Alle tre e quaranta minuti si libravano sopra il capo Fuels, avvistando l’isola del Fuoco, e pochi minuti più tardi l’aerostato abbandonava l’isola, filando sopra l’oceano Atlantico, le cui onde si urtavano con profondi muggiti, coprendosi d’un immenso manto di candida spuma.”
“Addio terra!” esclamò O’Donnell. “D’ora innanzi non vedremo che acqua.”
“Purché il vento non cambi direzione,” disse l’ingegnere. “Potrebbe spingerci verso il nord e fors’anche ricondurci verso l'America.”
“Dove ci porta ora?”
“Diritti al grande banco. Non vedete laggiù, verso l’est, quei punti neri? Sono le navi occupate nella pesca ai merluzzi.”
“E lontano però il grande banco”
“Vi giungeremo fra un paio d ore, se la nostra velocità, che è ora di quaranta miglia, non diminuisce.”
“Si pescano dappertutto i merluzzi, intorno all’isola?”
“Sì, specialmente quando i pesci cominciano a lasciare il banco per cercare un altro cibo. In primavera i merluzzi si radunano in grandi masse nei dogger-banks delle coste di Islanda, nei fiorden della Norvegia e nei golfi dell’Irlanda, poi si dirigono tutti insieme verso Terranova. È in questa stagione che dalle coste della Norvegia, della Francia, dell’Inghilterra e dell’Olanda partono vere flottiglie di pescatori, i quali, cosa sorprendente davvero, qui vengono senza bisogno di carte e di strumenti necessari a fare il punto, seguendo, direi quasi, una traccia secolare. Si calcolano fino a seimila navi che tutti gli anni vengono impiegate nella pesca del prezioso pesce.”
“Devono pescarne una quantità immensa.”
“Dai 35 ai 40 milioni.”
“E chi per primo s’accorse della riunione dei merluzzi su questo grande banco?”
“Caboto lo aveva notato; poi un altro ardito navigatore italiano, il fiorentino Giovanni da Verrazzano, che prese possesso di Terranova nel 1525 in nome di Francesco I re di Francia e che poco dopo cadde sotto le lance e le scuri degli indigeni; poi Cartier, lo scopritore del fiume San Lorenzo.”
“Si pescano anche nel San Lorenzo?”
“No, i merluzzi non penetrano mai nei fiumi, anzi si tengono lontani dalle foci.”
“Terminata la stagione sul grande banco, si radunano altrove?”
“No, si disperdono, scompaiono e non si vedono più per il resto dell’anno. Si ignora dove vadano a svernare durante la stagione fredda, ma pare che si tengano in acque assai profonde. Ma ecco le prime barche da pesca, O’Donnell, aprite bene gli occhi, e non vi dispiacerà di aver fatto una volata sopra il grande banco di Terranova.

 

 Chapitre 5

Pêche à la morue

Terre-Neuve, Terre-Neuve, est l'une des plus grandes îles d'Amérique du Nord et, on peut le dire sans crainte d'exagération, c'est celle qui offre la plus grande richesse de toutes, non seulement pour ses eaux immensément poissonneuses, parmi qui excellent la morue et le hareng. Elle est située en face du Labrador, dont elle est séparée par le détroit de Belle Isles, entre 46° et 51° et 46' de latitude N. et 54° 51' et 62° de longitude O. Sa surface, qui atteint 85 000 kilomètres carrés, est très irrégulière, découpée par des péninsules très prononcées, par un grand nombre de baies, de petits ports, de criques et de criques, à l'intérieur desquelles les navires peuvent confortablement s'abriter, puisqu'il y a de l'eau profonde partout.
Remarquables par leur extension et leur sécurité sont les baies de Placentia, Fortuna et Santa Maria au sud, de Nostra Donna et Bianca au nord ; de Concezione, Trinità et Buonavista à l'est; de San Giovanni, des îles de San Giorgio à l'ouest, toutes peuplées de pêcheurs, qui sont au nombre de plus de 100 000.
L'intérieur de Terre-Neuve est essentiellement plat : vers l'ouest, cependant, l'île possède plusieurs chaînes de collines. Elle possède de nombreux lacs, plusieurs rivières, mais de peu d'importance, de grandes forêts, riches en gibier, caribous et renards, et plusieurs villes. La capitale de l'île est San Giovanni, située dans une baie située au sud-est, avec un port difficile d'accès car l'embouchure est très étroite. Viennent ensuite Harbour-Grace, situé sur la côte ouest de la baie de la Conception, puis Carbonier, Porto Trinità et Placentia.
Cette île a été l'une des premières découvertes, en effet certains disent que c'était avant même que le grand Christophe Colomb ne touche les îles du golfe du Mexique. La plupart, cependant, et à juste titre, croient que Giovanni Caboto, qui entreprit cette audacieuse expédition pour le compte de l'Angleterre, la découvrit en 1497, soit cinq ans après le débarquement de Christophe Colomb aux Antilles. Bien que sa découverte remonte à un âge aussi avancé, Terre-Neuve est restée quasiment à l'abandon et sa colonisation n'a commencé qu'en 1623 avec Lord Baltimore.
Le ballon, poussé par un vent froid du sud-ouest, a survolé cette longue et mince péninsule qui ferme la baie de Placentia vers l'ouest, en direction de la baie de Trinità. De cette hauteur, l'île était entièrement visible en tous ses points, même les plus éloignés. C'était comme une immense carte géographique, déployée sous les yeux des audacieux aéronautes. De grands bois de mélèzes, de bouleaux, de pins et de frênes apparaissent ici et là, ainsi que plusieurs villages situés le long des plages de la baie. On apercevait les pêcheurs accourus à terre et les habitants se précipitaient hors de leurs huttes pour admirer le vaisseau aérien qui volait majestueusement au-dessus de leurs têtes et on entendait de temps en temps des clameurs et même quelques détonations.
"Diable!" s'écria l'Irlandais, qui n'aimait pas le silence. « Est-ce qu'ils nous prennent pour des aigles ? Heureusement, nous sommes très grands et leurs balles ne nous atteindront pas."
"Ils penseront qu'ils disent bonjour", a répondu Kelly.
« Sont-ils des Indiens ? »
"Les Indiens de Terre-Neuve sont tous morts depuis plusieurs années."
« Les ont-ils détruits ?
« La civilisation blanche est fatale aux races de couleur. Là où il entre, il détruit.
« Y avait-il des tribus au moment de la découverte ?
« Oui, et pas mal, semble-t-il, mais ils ont vite disparu. Le dernier était celui des Micmacs.
« Étaient-ils vraiment des barbares ?
"Non, en effet des principes de civilisation remarquables ont été découverts en eux, ce qui montre que, dans les temps anciens, ils avaient eu des contacts avec des hommes blancs."
« À une époque antérieure à la découverte de l'île ? demanda O'Donnell avec surprise.
"Oui mon ami."
« Mais l'île n'a été découverte qu'en 1497 ! Qui aurait pu le visiter avant Cabot ?
"Vous soulevez une vraie question, qui a fait couler des torrents d'encre des historiens européens."
« Et lequel jamais ?
"Cette Amérique du Nord a été visitée par les Européens cinq siècles avant les découvertes de Colomb et de Cabot."
« Mais par qui ?
"Des Écossais-Irlandais et des Norvégiens."
"C'est sympa!"
« Il semble qu'avant l'an 1000 plusieurs audacieux marins écossais-irlandais, poussés soit par l'instinct d'émigration, soit par le désir de conquête, débarquèrent sur ces îles et sur les côtes du Canada, fondant des colonies et introduisant la religion chrétienne parmi les tribus primitives. En effet, on sait que lorsque les Norvégiens, après avoir découvert l'Islande et le Groenland, débarquèrent sur ces côtes, ils y trouvèrent des traces évidentes de christianisme."
« Mais est-il bien vrai que les Norvégiens ont débarqué dans ces régions ?
"Les traditions légendaires que la saga nordique nous a transmises mentionnent les expéditions des Norses et des Écossais-Irlandais, et il est maintenant certain qu'ils ont fondé plusieurs établissements ici, notamment en Nouvelle-Écosse et au Nouveau-Brunswick."
« Mais qu'est-il arrivé à leurs colonies ? Pourquoi ne sont-ils pas allés au sud pour conquérir les régions plus douces et plus riches ?
« Voici ce qui est ignoré. Il ne reste que des traces de ces colonies, ont-elles été détruites par les sauvages ou une terrible maladie a-t-elle éteint ces premiers colons ? Cependant, cela n'enlève rien au mérite des grandes découvertes de Colomb et de Caboto, car ce sont elles qui ont fait prendre conscience à l'Europe d'un autre continent immense, dont l'existence avait été remise en question et..."
"Quoi?"
« N'avez-vous pas l'impression qu'il fait soudainement plus froid ? O'Donnell ?"
« À tel point que j'ai battu les dictons, ingénieur. »
"Ecoutez!"
Tous deux tendirent l'oreille et entendirent de légers crépitements dans l'air. Il semblait que des corpuscules frappaient la surface des ballons. Kelly leva les yeux et vit des flocons de glace scintillant dans les rayons légèrement chauds du soleil, suspendus dans l'air. "Je comprends d'où vient cette chute soudaine de température", a-t-il dit, "nous traversons une couche de glaçons minces. Mauvais signe : il apportera une chute de neige.
"Pour!" s'exclama O'Donnell. "N'a-t-il pas l'air de devenir faible ?"
« En effet, c'est vrai. Ce froid soudain a tendance à rétrécir l'hydrogène, mais dès que nous sortirons de cette couche, le soleil la dilatera à nouveau et nous remonterons. Le dirigeable descendait lentement, mais cela devait être de courte durée. Bientôt le baromètre avertit les aéronautes qu'ils se trouvent à une altitude de 3000 mètres, alors qu'avant ils s'étaient toujours tenus à 3500. Cet abaissement leur permit de mieux observer la grande île qui s'étendait en dessous d'eux. On distinguait parfaitement les maisons éparpillées à la lisière des grands buissons, les habitants qui tentaient de courir après le ballon, pensant peut-être qu'il s'agissait d'un oiseau gigantesque d'un nouveau genre, vu sa forme si différente des ballons habituels, et leur cris d'étonnement.
A trois heures de l'après-midi, O'Donnell et l'ingénieur virent, comme blottis au bord d'une baie, St. John's, la capitale de l'île. Ils virent quelques instants le bâtiment d'assemblée, la douane, les fortifications et les nombreuses tombes qui s'étendaient longuement hors de la ville, puis ils ne virent plus qu'une masse blanchâtre à mesure que le vent les poussait vers le nord, c'est-à-dire vers la direction des baies de Trinity et de Bonavista. À trois heures quarante, ils ont survolé Cape Fuels, apercevant Fire Island, et quelques minutes plus tard, le ballon a quitté l'île, filant au-dessus de l'océan Atlantique, dont les vagues se sont heurtées avec des rugissements profonds, se couvrant d'un immense manteau de mousse candide."
"Adieu la terre !" s'exclama O'Donnell. "A partir de maintenant, nous ne verrons que de l'eau."
« À condition que le vent ne change pas de direction », dit l'ingénieur. "Cela pourrait nous pousser vers le nord et peut-être même nous ramener en Amérique."
« Où cela nous mène-t-il maintenant ? »
« Droit à la grande banque. Ne voyez-vous pas là-bas, vers l'est, ces points noirs ? Ce sont les navires engagés dans la pêche à la morue.
"Mais la grande banque est loin"
"Nous l'atteindrons dans quelques heures, si notre vitesse, qui est maintenant de quarante milles, ne diminue pas."
"Attrapez-vous de la morue partout autour de l'île?"
« Oui, surtout quand les poissons commencent à quitter le banc pour chercher d'autres aliments. Au printemps les morues se rassemblent en grandes masses dans les dogger-banks des côtes d'Islande, dans les fjords de Norvège et dans les golfes d'Irlande, puis elles se dirigent toutes ensemble vers Terre-Neuve. C'est en cette saison que partent des côtes de Norvège, de France, d'Angleterre et de Hollande de véritables flottilles de pêcheurs qui, ce qui est vraiment surprenant, viennent ici sans avoir besoin de cartes et des outils nécessaires pour faire le point, à la suite, je dirais presque disons, une trace séculaire. On calcule que jusqu'à six mille navires sont employés chaque année à la pêche du précieux poisson."
"Ils doivent en tirer une quantité immense."
"De 35 à 40 millions."
"Et qui a remarqué le premier le rassemblement de morues sur ce grand banc?"
« Cabotus l'avait remarqué ; puis un autre audacieux navigateur italien, le Florentin Giovanni da Verrazzano, qui prit possession de Terranova en 1525 au nom de François Ier, roi de France et qui tomba peu après sous les lances et les haches des indigènes ; puis Cartier, le découvreur de la rivière San Lorenzo.
« Est-ce qu'ils pêchent aussi dans le San Lorenzo ?
"Non, la morue n'entre jamais dans les rivières, au contraire, elle se tient à l'écart de sa bouche."
"Une fois la saison sur le grand banc terminée, est-ce qu'ils se retrouvent ailleurs ?"
« Non, ils se dispersent, disparaissent et ne sont plus revus du reste de l'année. On ne sait pas où ils vont hiverner pendant la saison froide, mais il semble qu'ils se maintiennent dans des eaux très profondes. Mais voici les premiers bateaux de pêche, O'Donnell, ouvrez grands les yeux, et vous ne regretterez pas d'avoir survolé le grand banc de Terre-Neuve.



 

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